Il Babbo del Rugbista

Cari Amici,

qualche anno fa mi sono imbattuto in un articolo scritto da un altro babbo, non ricordo di quale squadra. Quello che ho letto mi ha “scavato dentro” ma soprattutto mi ha aiutato ad affrontare giorno per giorno, partita dopo partita, la bellissima esperienza sportiva di mio figlio. Partendo da quanto scritto dal “collega” babbo, quest’anno (ultimo di rugby educativo, ahimè ..) ho quindi deciso di scrivere anche io qualcosa per fare e farci gli auguri a noi, babbi Rinoceronti. Ma non solo, come leggerete.
Buona festa del babbo a tutti, quindi, e per il Sesto hip hip hip urrà !

                                                                                                                             Simone N.

 

 

Il babbo del rugbista

E’ quello convinto che suo figlio sarà il primo diciassettenne che giocherà il 6 Nazioni con la Nazionale maggiore. Tutto sudato. Con il telefonino sempre in mano, con aperte le applicazioni “timer” e “fotografia”. Tenace. Si sposta da una parte all’altra. Seguendo la linea di bordo campo. Così come si muove il gioco.

Quello che non si stanca mai di chiedere al figlio, quando oramai si è arrivati al campo, se si è ricordato di prendere il paradenti. Anche se la borsa la sera prima l’ha preparata lui.

Che le prime volte non aveva capito che il terzo non è un tempo giocato. Ma che bisogna comunque essere ben allenati. E magari non beveva mai birra. Neanche con la pizza.

Quello che non aveva mai visto due squadre abbracciarsi a fine partita. La squadra di suo figlio e quella degli altri: gli altri, quelli (adesso lo sa) con i quali si gioca “con” e non “contro”.

Che le regole di gioco le ha quasi messe a fuoco, anche se ancora non capisce bene quando e perché l’arbitro fischia.

Ed ha imparato a tenere pronti nella macchina un bel paio di stivali. Sì, perché non sempre i campi da rugby drenano bene l’acqua piovana.

Gli piace fare foto. Con la scusa di farne al figlio. Diventa poi un fotografo ufficiale della squadra. Così, come capita un po’ a tutti. Si inizia ad accompagnare il proprio figlio e si diventa babbi anche di tutti gli altri. Così nascono gli “accompagnatori” ed anche i dirigenti. Così, perché si è babbi.

E questo vale anche per le mamme. Già perché la mamma del rugbista spesso è più tifosa del marito/compagno. Ed il giorno della partita molla tutto. Quando il babbo sale in auto la trova già seduta. Pronta. Colorata con i colori della squadra. Che non vede l’ora. Anche se la sera prima è andata a letto molto tardi. Preparando la roba per tutti. Dopo aver sconfitto ancora una volta il “mostro della palude di fango” spuntato fuori dalla borsa sportiva del figlio.

Il babbo del rugbista è diverso dagli altri. Perché i babbi non sono tutti uguali. Alcuni urlano, sbraitano. Non stanno fermi. Imprecano verso l’arbitro. Verso l’altra squadra. Lui, no. Lui ha imparato ad accettare quel che il campo stabilisce. Senza commentare più di tanto. Agli inizi era dura. Poi, ha capito, partita dopo partita.

Ha capito che questo non è solo uno sport. Che quanto imparano i ragazzi servirà loro per sempre. La correttezza. L’educazione. Lo stimolo per fare ogni volta meglio della volta precedente. Ammettendo senza scuse le proprie responsabilità.

E questo dipende principalmente dal comportamento di chi sta intorno a questi figli. Dipende dagli allenatori, primi educatori, riferimenti importanti nella giovane età. E dipende dai babbi. Dalle mamme. Dagli amici. Dall’ambiente che li circonda.

Il babbo del rugbista ha uno solo cruccio: quello di non aver mai giocato a rugby. E adesso è troppo tardi.

Ma alla fine è felice lo stesso: questo figlio, capelli al vento, fango in faccia, sorriso “di plastica” stampato in volto, gambe che corrono in mezzo ad un gruppo di amici.

Che poi alla fine due passaggi dell’ovale babbo/ figlio valgono sempre più di una finale a Twickenam …

 

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