Omaggio al Bob

Il primo anno in cui i Cavalieri Union Prato Sesto hanno giocato in Serie A c’erano due squadre sarde nel girone, Capoterra e Alghero, entrambe dirette concorrenti per la salvezza.

La prima, storica trasferta in Sardegna, contrassegnata da una vittoria rocambolesca per 49-39, fu punteggiata da una serie di eventi particolari: bagno in mare alle 9 della mattina in pieno ottobre, brindisi con il filoferru offerto dai guidatori dei pulmini NCC che ci portavano dal campo all’aeroporto, ma soprattutto un pranzo a base di risotto alla marinara ben diverso dal consueto riso in bianco, prosciutto e grana che ci attendeva solitamente.

Quella del risotto alla marinara diventò una tradizione di cui il Bob si fece custode insieme a Mario Cotoia: ogni volta che andavamo a giocare in un posto di mare, fissavano per pranzo un riso di pesce.

Li chiamavano il Gatto e la Volpe, la coppia di accompagnatori che ogni squadra sogna. Incaricati di tenere a bada le turbolenze dei giocatori durante le trasferte, erano i primi ad attizzarne il fuoco, a tirare fuori il portafoglio per dare sostanza alla colletta del dopo-partita: se si era vinto si beveva per festeggiare, se si era perso si beveva per dimenticare.

Era uomo da gioco di sponda, il Bob. Prima del sodalizio con Mario come accompagnatore della prima squadra dell’Unione, potevi trovarlo spesso al fianco di Vitaliano Fumelli, ex presidente del Sesto, solitamente intento a prenderlo per i fondelli, arte nella quale si dimostrava maestro.

Tanti i campi nei quali peraltro si destreggiava: cuoco, intento a cuocere un interminabile numero di braciole ai ferri nella baracca che un tempo faceva da club house al Sesto Rugby; addetto al campo da gioco, geloso e pressoché unico custode di alcuni arcani misteri come il modo di accendere l’impianto di irrigazione e guidare il trattore tagliaerba; uomo di spettacolo, ancora gira clandestina sul web una foto di lui con la fascia tricolore del Municipio di Sesto Fiorentino che chiama l’applauso della folla dalla tribuna del campo di Sesto; eterno giovane, un po’ per il gusto di stare tra i giocatori, un po’ perché gli piaceva mantenere un alone di insondabile mistero sulla sua età, aggirando le domande dirette in merito; pilota, in grado di far convergere alla perfezione le quattro sgangherate ruote della vetusta fiat panda bianca marcata con le insegne del Sesto Rugby, riempita fino all’impossibile di materiali vari da portare avanti e indietro fra Sesto e Prato; e infine, soprattutto, battutista di dubbio gusto, meritevole di essere mandato a quel paese vuoi per la bruttezza della freddura, vuoi per la sconvenienza della medesima.

Ne sparava a ripetizione, d’altra parte, con quel piglio malapartiano del maledetto toscano, intento costantemente allo scherzo, alla burla e alla risata a denti stretti.

Non che non sapesse essere serio. Te ne accorgevi dal cambio d’espressione inequivocabile: occhi che si aprivano, volto che si allungava, voce che da squillante si abbassava di un tono, ad un volume minore. Assumeva una gravitas che gli dava un’aura di saggezza, per far capire che la sapeva lunga.

Tutti quelli che hanno vestito la maglia del nostro club, fosse Sesto o Cavalieri Union, sono convinti di aver avuto un rapporto speciale con il Bob. In fondo, hanno tutti ragione: li ha fatti ridere, gli ha dato un pacca sulla spalla, si è fatto mandare a quel paese, li ha presi per il sedere per le peripezie dentro e fuori dal campo. Ha fatto diventare normale qualcosa di speciale.

Lorenzo Calamai

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